Lo Schlachtensee a Berlino

Una giornata al lago, almeno qui a Berlino, può essere considerata davvero come un’esperienza, una di quelle cose che bisogna fare almeno una volta, o sarebbe come non essere mai stati qui.

Ascoltare, interagire, avere a che fare con la fauna locale, (e non mi riferisco a pesci e mammiferi, almeno non a quelli con le zampe) può dirci molto su un’intera cultura, sulle tradizioni, usanze e modi di vivere di un popolo.

Per l’occasione, abbiamo scelto un lago ancora inesplorato, ma famosissimo per le sue qualità balneari e paesaggistiche, lo Schlachtensee. Nonostante il nome impronunciabile, si tratta effettivamente di un bellissimo posto, anche se la mia dolce metà continua a ripetermi che “tanto sono tutti uguali“.

A me il lago piace. Qui allo Schlachtensee c’è un’acqua azzurrissima, vista da lontano, nel suo insieme. È circondato da alberi rigogliosi e verdi, un piccolo paradiso a due passi dalla città. Respiro profondamente e mi convinco che sia mare, quello che ho di fronte. Non che faccia chissà quale differenza, ma aiuta molto quando ci si sta per addentrare a piedi nudi in quell’abisso marroncino fangoso e sembra di non avere più i piedi attaccati alle caviglie.

La maggior parte delle spiaggette sono occupate, bisogna addentrarsi nella vegetazione. Il nostro criterio di selezione è uno e uno solo. Stare al sole e starci il più a lungo possibile. Cerchiamo di capire la sua direzione e di prevedere quale sarà la prossima mossa. Ipotizziamo un determinato giro, per poi scoprire amaramente, verso le 17:00, che il tramonto sarebbe avvenuto esattamente dalla parte opposta. Meglio continuare a dedicarsi alla letteratura e alla geopolitica.

Ci fermiamo per una breve sosta, è incredibile ma anche a Berlino può fare un caldo mortale. Sediamo su un muretto, anche questa micro spiaggia gronda di gente. Al primo accenno di una coppia intenta a sistemarsi per andare via, ci guardiamo.

Non c’è bisogno di dire niente. Ancora col panino in bocca raccatto tutto quello che ci sta nelle mani e mi fiondo a occupare quell’angolino di riva, con vista privilegiata direttamente sull’acqua. Mi sento come se fossi riuscita a mettere l’asciugamano (o lo stuoino) alla Pelosa di Stintino e mantenerlo intatto fino a sera.

L’atmosfera è serena e rilassante. Come una vera ottantenne che si rispetti, sfoggio il giornalino delle parole crociate e comincio a giocare in solitaria, mentre tutto intorno si muove silenziosamente, in religioso rispetto.
Finché, con grande gaudio e immensa gioia, non cominciano a spuntare bambini, bambini ovunque. E con essi, i loro genitori, il vero male del mondo.

È stato bello potersi rilassare per cinque minuti. Ma non perché le grida festose dei pargoli siano un problema. Sono bimbi, è normale. Chi di noi non urlava fino a consumarsi l’ugola quando ci portavano al mare da piccoli? 

No il problema non è quello, ma il fatto di sedersi sulla punta del proprio asciugamano, per cambiare posizione un attimo, e nel voltarsi per prendere la Settimana Enigmistica, inorridire di fronte alle impronte nero pece lasciate da decine di piedini luridi.

Cerco lo sguardo dei colpevoli, che se ne fottono beatamente, e ridono insieme ai figli, ignari di aver appena insudiciato il mezzo su cui avrei voluto sdraiarmi. Mi alzo per scuotere lo schifo, e ancora, allegra indifferenza.

Decanto le doti genitoriali dei presenti, con qualche rima qua e là, tanto nessuno capisce, ma anche se gli parlassi in tedesco, credo che non afferrerebbero ugualmente.
I piccoli ambasciatori di caos, continuano a scorrazzare come matti nei tre metri quadri in cui siamo accampati.

Mi estraneo ugualmente dal contesto con una bella lettura, non c’è niente di meglio per festeggiare l’arrivo dell’estate berlinese. O almeno, la pensavo così prima di scontrarmi con la patata della vicina di asciugamano.

Si spoglia. Così, senza preavviso, senza un cenno preliminare. Non mi abituerò mai a questa loro cosa di stare nudi in mezzo alla gente.

Dico a G. che voglio sentire com’è l’acqua. Ho bisogno di distrarmi dalla vista vaginale. “Sei seria?“.
Anni di mare in Sardegna rovinano le persone, credetemi.

Immergo i piedi e una fitta mi pervade. Vorrei uscire, ma l’acqua è talmente gelida che ho paura di lasciarci le gambe. Non denigrerò più un tedesco che fa il bagno a marzo ad Alghero, lo giuro!

Piccoli incidenti diplomatici e ginecologici a parte, è stato davvero un pomeriggio superlativo. La natura ha davvero un potere curativo enorme per l’anima, e Berlino, in questo senso, ha davvero tanto da offrire.

Paghi di tutta la positività accumulata nelle ore precedenti, ci dirigiamo accaldati e stanchi verso la Mecca dei tedeschi, il Biergarten. Birra, salsicce e patate fritte, un rinfrescante naturale contro i 32 gradi all’ombra.

Poiché l’integrazione passa anche dalla cucina, e noi non vogliamo fare i soliti asociali italiani snobboni, ordiniamo roba fritta a buttare, e per una volta, ci sentiamo parte di una comunità, parecchio strana, ma da cui possiamo comunque imparare qualcosa.