Lavorare a Berlino vol. 1

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Vista dal Duomo di Berlino verso Alexanderplatz

 

Berlino mette spesso a dura prova. E ultimamente sembra che ci stia proprio prendendo gusto. Menomale che ci sono i termosifoni e le stufe, così, anche il più insormontabile degli ostacoli e il più angusto dei problemi, possono essere ridimensionati, a volte fino a scomparire del tutto. Uno di questi è il lavoro, che, specie quando non si ha, dà un gran bel da fare come un qualsiasi impiego a tempo pieno. Ricordo che quando ero ancora alla mercé del nulla, passavo interminabili ore davanti al computer, non senza frustrazione e sofferenza per la percentuale di successo ottenuto; ma credetemi, il problema non siamo noi, non ero io e non le mie scelte di studi, di stage o lavoro. Il problema sono il mercato del lavoro, il sistema, la politica e il pianeta terra. Tutti.
Per districarsi in questa selva infernale bisogna compiere piccoli passi, ma soprattutto, non arrendersi mai, anche quando la temperatura sprofonda negli abissi, la Germania smette di ruotare intorno al sole e mille segnali sgomitano per comunicarci che questo posto non fa per noi. Non è vero, o comunque, bisogna almeno provarci.
Il curriculum: importantissimo. Non è fondamentale che sia in tedesco (a meno che non ci si candidi per posizioni e in aziende dove non si usa altra lingua all’infuori di lei), nella maggior parte dei casi basta un buon CV fatto in inglese, corredato con foto professionale (niente spiagge in sottofondo mi raccomando) e brevi descrizioni delle precedenti esperienze. Niente papelli inutili, tanto c’è la cover letter. Sì, perché in quasi tutte le candidature è necessario allegare anche una lettera motivazionale in cui, senza darsi troppe arie, si racconta un po’ del passato, un po’ delle prospettive future e delle proprie passioni. Quello che ho imparato in tutti questi anni è che la sincerità paga sempre. Bene le balle, ma occhio a non spararle grosse, che non si sa mai.
Siti di annunci: personalmente non amo tutti i siti di annunci, alcuni anzi li ho evitati come la peste. Quello che noterete dopo qualche giorno di ricerche disperate, è che sui grandi portali, alla fin fine, girano sempre le stesse offerte sponsorizzate dalle solite aziende. Perché? Semplice, la pubblicazione costa un occhio della testa, e non tutti se lo possono permettere. Indeed (almeno in Germania) è un ottimo motore di ricerca, e se si vogliono evitare offerte scritte in tedesco, suggerisco di utilizzare parole chiave in inglese. Io restavo sempre sul vago, digitando nella barra in alto parole come “communication, social, media, social media, relations”. In questo modo non si fa una ricerca troppo mirata, e si ha accesso a una mole di lavori molto più ampia. Se non avessi fatto così, mi sarei preclusa la possibilità di visionare alcune interessanti offerte, a volte perché i titoli sono un po’ fuorvianti, un po’ perché diciamocelo, con tutte queste new diciturs delle professioni moderne, non si capisce più una mazza. Comunque, oltre a Indeed, ci sono altri siti molto interessanti come Stepstone, Berlinstartupjobs e The Local (quest’ultimo ha una speciale fantastica sezione dedicata a lavori per English speakers).
L’alternativa: esiste un modo per non dover dipendere esclusivamente da questo casino di giungla? Certo che sì. La prima, civile, è di fare delle ricerche specifiche su google. Io, ad esempio, per un certo periodo mi ero fissata col voler lavorare in una galleria d’arte, e anche lì, cerca che ti ricerca, mi si è aperto un mondo: una valanga di annunci fuffa, ovviamente, trattandosi di un mondo dove per definizione non gira il soldo, ma comunque non sono mancate, le ben più rare, interessanti opportunità. Creative City Berlin, ad esempio, è un sito carino dove bisogna assolutamente dare un’occhiata se si è in cerca di un lavoro creativo, per l’appunto.
La seconda alternativa? Le candidature spontanee; perché no? Scrivere direttamente all’agenzia dei nostri sogni, azienda o quello che è, piace ai recruiter, e permette di farsi conoscere senza passare attraverso le grosse agenzie interinali. Il consiglio? Non sputtanarsi troppo presto se non si è ancora pronti per un salto del genere. Se si tratta, per dire, di un posto dove il crucco la fa da padrone, è inutile sprecare una cartuccia se a malapena si riesce a dire il proprio nome in Deutsch. Meglio presentarsi a tempo debito, con una buona conoscenza della lingua e una maggiore sicurezza in generale.
L’alternativa numero 3 è quella che preferisco, anche se spesso si rischia di essere guardati come chi è appena scappato da un ospedale psichiatrico: basta munirsi di carta, penna e voglia di camminare. Girando senza meta in varie zone di “uffici“, ho infatti scoperto agenzie che altrimenti avrei sentito nominare forse nel duemilaMAI. Se non si vuole ricorrere ai metodi tradizionali, c’è sempre il buon vecchio caro smartphone con la sua fotocamera: in una sola schermata è possibile immortalare lunghissime colonne di targhe affisse accanto ai campanelli, e una volta tornati a casa, si può stalkerare decine di bei siti web, ad uno ad uno, selezionando quelli che fanno al caso nostro.
Scegliere la stagione con cura: trasferirsi nel nord Europa in pieno inverno, o in autunno avanzato, non è una buona idea. Mai. Puoi negare finché vuoi, ma siamo tutti un po’ meteoropatici. So bene che rinunciare all’estate italiana è da pazzi masochisti, ma godere di Berlino col sole, i parchi fioriti e la gente presa bene, ti darà una spinta in più quando vorrai mollare tutto durante il grigio e il gelo di gennaio. Io mi sto ancora riprendendo dallo shock delle vacanze di Natale, tanto per citarne una: 22 gradi e sole caldo nuocciono gravemente alla salute e fanno perdere di vista gli obiettivi.
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