Viaggio in Thailandia e prime volte

Il viaggio in Thailandia ha rappresentato per me svariate “prime volte”: la prima volta in Asia, il primo volo intercontinentale, la prima vacanza all’estero così lunga. Mettere piede in Oriente non ha generato alcun senso di rivoluzione interiore, illuminazione spirituale o ricongiungimento con l’universo.

Quelle sono strade che cerco di percorrere ogni giorno, nella quotidianità, che mi trovi in Germania o sia seduta sul divano dei miei, facendo del mio meglio in ogni circostanza, nei confronti degli altri e di me stessa. Pagare 500 euro di volo per ritrovare il proprio essere è un po’ come andare al mare e non trovare l’acqua.

Siamo noi stessi in qualsiasi parte del mondo, perciò potremmo teoricamente ritrovarci anche al banco del pesce del mercato rionale. Comunque, nonostante l’assenza di rivelazioni mistiche, sono stati giorni di riflessioni intense, di sguardi introspettivi, di superamenti di paure e pregiudizi tipici di chi fino ad allora non sapeva. Come me, appunto.

Prima volta a Bangkok.

Sarà stata la botta di caldo improvvisa, il fuso orario, una notte quasi insonne passata in aereo, gli odori forti dei cibi, o questi elementi tutti insieme, non lo so. Ma appena arrivata a Bangkok, volevo già andare via. A nulla sono valsi gli sforzi del mio fedele G. per farmi vedere del positivo in mezzo a tutto quel casino di gente, motori, smog.

Per le prime 48 ore ho camminato per le strade della capitale come se avessi un palo piantato dai bassifondi, passando per l’intestino, fino a sbucare in gola. La sensazione di rifiuto categorico mi ha tolto la voglia di vivere per tutto il primo giorno, ma poi in qualche modo ho risolto lo shock culturale e la riluttanza, e Bangkok mi è addirittura piaciuta. Serve un po’ di tempo per abituarcisi.

Primo Tempio Buddhista.

Il primo Tempio visitato è stato il Wat Pho a Bangkok, famoso per l’enorme Buddha d’oro sdraiato e perché qui nacque la prima scuola di massaggio Thai. Il mio saggio G. narra: “Una volta visto un tempio, è come averli visti tutti”.

Eppure, ogni volta che ho tolto le infradito per entrare dentro a questi luoghi sacri, vedere i fedeli concentrati negli atti di preghiera, i monaci intenti ad arricchire le statue di Buddha con piccoli adesivi dorati, è stato come ricevere una scarica di rispetto, ammirazione, curiosità, fascino. Ogni volta, una prima volta emozionante.

Primo viaggio in treno.

Immaginate una giornata d’agosto, fa un caldo tremendo e avete i vestiti tutti appiccicati addosso. Entrate nello scompartimento in terza classe, finestrini abbassati, ventilatori appesi al soffitto, perché in terza classe, naturalmente, non c’è aria condizionata.

E no, non sto parlando di Trenitalia, anche se la vostra immaginazione vi ha riportato su un qualsiasi regionale italiano. Sto parlando di un normalissimo treno thailandese, veloce come il Sassari – Olbia, solo più affollato, di passeggeri, di zanzare, di venditori ambulanti che ogni 3 minuti e 30 secondi sfilano proponendo le merci più disparate: dolci con quantitativi di zucchero ai limiti della legalità, pantaloni di tuta sintetici che solo a guardarli sale la febbre, bevande fresche (molto gradite e utili), riviste, arachidi arrosto mollicci dentro, caramelle colorate in stile anni ’80 e naturalmente, riso e spaghetti a quintalate.

Uscire da Bangkok ci è costato ben 45 minuti di viaggio, ma tutto sommato, considerando che per 4 ore di treno, abbiamo speso due euro, direi che quelli messi male siamo noi.

Primo tempio in grotta.

Phetchaburi è una cittadina tranquilla e interessante. Ci siamo fermati per una notte, giusto il tempo di vedere il santuario all’interno della Khao Luang Cave, farci quasi aggredire da una scimmia e mangiare il Pad Thai più buono della Thailandia.

Abbiamo noleggiato un motorino per comodità, ma oltre a doverci ricordare ogni tanto di guidare a sinistra, abbiamo dovuto fare i conti con gruppetti di scimmie sospettose e circospette riunite ai lati delle strade, e per chi è abituato al massimo a vedere cinghiali di ritorno da una notte in bianco, beh fa un certo effetto.

La grotta di Khao Luang è famosa per il Buddha seduto sotto a un fascio di luce naturale e bellissima. Si tratta di una grotta piuttosto antica, ricca di stalattiti e di numerose immagini di Buddha, alcune incastonate in piccole nicchie calcaree, altre posizionate lungo il percorso e raffigurate in diverse posizioni.

Scimmie.

La scimmietta che ha tentato di rubarci il thermos dallo zaino mentre uscivamo dalla grotta, non è stata la più simpatica incontrata in quella giornata a Phetchaburi, e solo qualche ora dopo ho capito perché ci sono così tante fionde in vendita nei negozi.

Questi adorabili animaletti sono ovunque: sulle scale dei templi, sui cavi della luce, sugli alberi; ti guardano dritto negli occhi e in un attimo pensi che la tua vita sia finita. Sono sempre intente a sgraffignare cose, rubare cibo dalle bancarelle, sono le padrone indiscusse del mondo.

Secondo un detto Thai, “le scimmie sono più intelligenti degli uomini perché hanno deciso di non parlare; se parlassero, gli uomini le costringerebbero a lavorare”. L’unica cosa che so per certo, è che una sola scimmia può mettere in soggezione più di un esercito armato. Ti fissa, sembra leggerti nei pensieri: “hai paura eh? Vieni, vieni. Passa qui, davanti a me, vediamo chi la spunta“.

L’unica uscita possibile da uno degli ennesimi templi visitati, era proprio da una scalinata invasa da una decina di primati. E sì, ho contato e respirato e pregato e trattenuto il fiato mentre scendevo i gradini. Nessuno ha fatto o mosso niente, ero salva, e grata. Cagata addosso, ma viva.

La prima isola.

Koh Lanta è un’isola che vale davvero la pena visitare. Facilmente raggiungibile da Krabi Town, in un paio d’ore siamo approdati in un piccolo paradiso tropicale, lontano dagli standard più fighetti di posti come Phukhet o le Phi Phi Islands, ma comunque variegato e affascinante. Un’isola di resort esagerati, ma anche di bungalow a 5 euro al giorno. Indovinate dove abbiamo alloggiato noi…

Sempre in compagnia di un fantastico motorino, abbiamo girato l’isola in lungo e in largo, visitando spiagge bellissime, godendo di panorami mozzafiato, osservando i pescatori in azione e mangiando a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Le notti afose e bagnate di Bangkok erano finalmente un ricordo lontano. Abbiamo riposato beati nella frescura della notte isolana, riparati da un baldacchino di rete rosa per non farci divorare dagli insetti, circondati dal suono conciliante dei grilli e della brezza leggera spinta tra gli alberi.

Il tutto, diciamo, fino alle sei del mattino, ora in cui gli altoparlanti della moschea vicino si azionavano a suon di Allah Akbar per darci il buongiorno, accompagnandoci puntuali fino alla fine del nostro soggiorno. La diversità, la scoperta, le differenze culturali, fanno tutte parte di questo meraviglioso gioco chiamato “viaggio“.

Ma è probabile che la prossima volta sceglieremo un tetto lontano da campane, imam, e simili.

Il primo Thai Massage.

Cosa c’è di meglio per concludere una giornata passata a cercare conchiglie sul bagnasciuga, se non un bel massaggio Thai?

Fare un massaggio Thai al tramonto, nel materassino affianco a una signora italiana.
Ignorata i primi minuti per evitare pipponi di ogni genere e sorta, al terzo “I don’t speak english, voglio il massaggio come la Roberta“, il mio dannato animo da crocerossina ha preso il sopravvento ed è corso in aiuto della povera ziedda in difficoltà.

Una volta chiariti malintesi e dubbi con le massaggiatrici, comincia la chiacchierata. La signora vive in Emilia Romagna, non si aspettava che fossi sarda e mi riempie di complimenti che manco G. in 5 anni di convivenza, dandomi addirittura della bellezza orientale. Io e le lusinghe non ci sappiamo proprio rapportare, specie dopo giorni e giorni di sfattume generale e di trucchi lasciati in qualche scatola impolverata a Berlino.

Ma la signora mi piace, è schietta, per niente invadente, piacevole. Visto che sono sarda, mi chiede se conosco “L‘isola di Pietro”. Onestamente, rispondo, solo per sentito dire sui social. Non ci sono mai stata (a San Pietro) e non ho mai guardato la fiction.

Ah ho capito“, fa lei, “ci ha lavorato un mio amico“. Chiedo: “ma nella fiction con Gianni Morandi?“. Risposta: “Eh, Gianni Morandi è il mio amico. Lo conosce?“.

Ma davvero esiste sulla terra qualche organismo dotato di vita che non conosca Gianni Morandi? Certo che lo conosco Signò! Eddai!

Dopo la parentesi marina, siamo tornati a Bangkok e abbiamo alloggiato vicino alla Khao San Road, una delle zone più fricchettone della città, consigliatissima a chi vuole spendere poco e vivere in un quartiere vivace e pieno di attrattive. Tra un Fried Rice e qualche spiedino di pollo, il bilancio di fine vacanza non ha tardato ad arrivare.

In sintesi.

  • Buono il cibo Thai, ma dopo due settimane anche basta.
  • I Thailandesi, persone gentilissime e sempre sorridenti.
  • Bello passeggiare per le strade di Bangkok, ma per evitare di aspettare le ere geologiche fermi ai semafori, senza cappellino, crema solare, e una brandina per la notte, meglio muoversi in barca.
  • I prezzi aumentano inesorabilmente: il che può essere negativo per noi occidentali, ma personalmente, sogno un futuro di popoli consapevoli e liberi, senza terzi mondi dove poter sperperare i nostri salari decine di volte più alti dei loro.
  • Scarso rispetto per l’ambiente: plastica, spazzatura, rifiuti gettati senza ritegno nei fiumi, dai finestrini e per strada da tantissime persone.
  • Fichissimo il mare d’inverno, ma non c’è bisogno di andare dall’altra parte della Terra per visitare angoli di paradiso. E questo un sardo lo sa.